Manifesto

I.
“Noi abitiamo gli Avamposti”

Noi abitiamo gli Avamposti: la nostra terra è sempre al confine, all’orizzonte di ciò che si sa. Abbiamo antenne per captare segnali da un territorio nemico e seducente, abbiamo organi nuovi e sconosciuti per sentire, tracciamo nuove mappe per lasciare cadere le vecchie come pelli di serpente.
Oggi giorno cosa significa davvero creare, se non ancor più che comunicare un’insofferenza profonda dello spirito rapito in una corsa veloce verso una globalizzazione schematica, senza sostegni né un futuro idoneo per terminare una vita in condizioni accettabili? L’artista ha il dovere di dedicare una sorta di sorveglianza intellettuale riguardo il tempo in cui vive.
Il gruppo artistico Avamposti è un sistema di affinità artistiche, dove tutti coloro che si riconoscono negli intenti possono iniziarsi ad ascoltare e farsi ascolto nella natura di strumenti vigili di interazione per fare arte per essere in arte.

II.
“Dal nostro osservatorio”

Nel corso dei secoli arte e artista non solo sono stati solamente testimoni del loro tempo, essi sono stati pure le sentinelle di innumerevoli avamposti attenti al mutare dei pericoli e delle novità che ogni società e periodo storico porta con sé. Eppure cosa pretendiamo mai da un artista se non un invito alla riflessione estetica in una contemporaneità estraniante e sempre più veloce e di breve durata? Cosa si aspetta mai da un artista oltre questo? Si attende forse una direzione da seguire, un’ indicazione metafisica che plachi il nostro lecito eterno domandarci di chi siamo da dove veniamo e dove andremo? Nel tentativo non sempre riuscito di fare questo, un artista non deve dimenticare che bisognerebbe creare percorsi per gente differente per offrire una comunicazione di grande respiro, cominciando dal fatto di non creare schemi mentali altamente incompatibili con quella libertà di pensiero che pare non di appartenenza a quella cosiddetta cerchia di artisti imprenditori foraggiati più dal mercato finanziario che dalla creatività in sé.
Gli Avamposti sono un luogo ineffabile, non localizzabile fisicamente, sempre altrove rispetto al qui, virtuale come il mezzo che utilizziamo, ma privilegiato per creare nuove possibilità. Dal nostro osservatorio creeremo nuove forze per favorire il cambiamento. Affermiamo chiaramente: non c’è spazio alcuno per la nostalgia del passato; oggi tutti i canoni artistici sono rotti, a pezzi, non è possibile né auspicabile alcuna restaurazione. Noi nomadi, aborriamo quei tristi sedentari che con sguardo accigliato oppongono al divenire il ricordo del bel tempo andato. Dai cocci di ciò che resta creeremo nuovi alfabeti per dire il futuro che ci aspetta. Oggi c’è sovrabbondanza di mezzi, di linguaggi, di stimoli, tutto può mescolarsi con tutto. Tutti i linguaggi faranno al caso nostro, tutti i generi, nessuno escluso.

III.
“Segnali per il sovvertimento”

La nascita del gruppo Avamposti vuole sottolineare una presa di posizione di pura onestà intellettuale a discapito dell’ego personale, cominciando da un percorso concettuale dove trarre illuminazione da un’oscurità dilagante trasmessa sempre maggiormente da un individualismo cieco e sordo di un’epoca refrattaria al vero desiderio di un altro illuminismo che conduca l’uomo in un tempo davvero suo dove bellezza e consapevolezza plachino le sue innate e ataviche paure verso un ignoto meno noto.
Nelle nostre opere non ci sarà ristoro per il viaggiatore stremato, ma invito al viaggio; non ci sarà brezza ma vento sferzante; non ci sarà opulenza e soddisfazione, ma scheletrica fame che fa prevedere il cannibalismo, non ci sarà triste colpa, ma ebbrezza. La nostra operazione matematica preferita è la moltiplicazione; che bello moltiplicare le personalità, fonderle, diventare doppi, tripli, multipli!  Siamo già in marcia verso il distaccamento, le nostre opere saranno segnali per il sovvertimento dello stanco procedere delle cose.

Daniele Baron
Alfio Catania

 

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